I libri di Roberto Ioanilli

Un altro successo per Roberto Ioannilli, nostro amico e socio! Si è classificato al secondo posto, sezione prosa, del premio nazionale ed internazionale di poesia e prosa della città di Galatone (LE), organizzato dall’associazione VERBULANDIART , sponsorizzato dalla regione Puglia, dalla provincia di Lecce e dal comune di Galatone, con il racconto breve Epsylon Tauri.
Premiati inoltre, alla carriera, il poeta Palestinese Munir Mezed , tradotto in quasi tutte le lingue del mondo ed il critico d’arte Paolo Levi.

Epsilon Tauri
   secondo posto al premio nazionale ed internazionale
di poesia e prosa città di Galatone

Pochi attimi in cui rubai d’occhi tutto ciò che potei. Degli uccelli passarono quasi dirimpetto, erano senz’altro gli ultimi esseri viventi che vedevo di quel mio pianeta, ne percepii una fraterna vicinanza. Captai, come mai m’era capitato, la bellezza di quei movimenti giocosi, salivano e scendevano, si giravano, picchiavano verso terra e in lontananza si perdevano. Riflettei sulla libertà, trovai in essi una parvenza d’umano e con naturalezza, lasciai loro il mio testamento di parole finite, lo sussurrai da sotto il casco, fu un impercettibile movimento di labbra:

“salutatemi il mondo e fate lo stesso col sole, non saranno mai più nei miei risvegli, nel vivere, rimarranno reali ma non ne avrò più percezione. Vi prego, amici con le piume, portate i vostri cinguettii alla mia Eva e sul suo davanzale, col becco, incidete il mio nome e scrivetele che l’amo, che curi i nostri figli, gli parli di quanto li ho coccolati e di quanto vorrei abbracciarli, vederli uomini e … un mondo di cose che mi muoiono in gola”.

Ben sapevo, che quand’anche fossi sopravvissuto a quel “viaggio esperimento”, non li avrei mai più rivisti ne sentiti. Mi sentii l’amaro scorrere di sangue, la paura si sfregò ruvida col divenire, urtando gli spigoli della non rassegnazione. La disperazione si aggrappò all’unico appiglio che mi rimaneva, ero vivo e lo sarei stato oltre quell’ora e quei minuti che erano stati decisi per la mia morte.

I preparativi erano finiti, ero sceso dal mezzo blindato ancora con le catene ai piedi, il buio di dentro fuggì all’apertura del portellone laterale, mi avevano fatto passare tra due file di gendarmi in tenuta antisommossa, non c’era stato un solo fucile che non avesse avuto in me il suo bersaglio. L’ascensore mi aveva portato parecchi metri sopra, in prossimità dell’ultimo stadio del razzo. Dopo gli ultimi consigli, mi ancorai al sedile per la partenza, abbassai la visiera, azionai il circuito interno per la climatizzazione … meno tre, meno due, uno! Il decollo verticale, oltre al corpo, ti fa vibrare l’anima, il rumore la traumatizza. Mi venne da pensare che, forse, avrei preferito esplodesse, io un fuoco d’artificio così le mie polveri sarebbero rimaste, fu quello il momento in cui m’accorsi di quanto si possa amare la terra.

Le sensazioni si moltiplicano quando sei parte d’un evento eccezionale e ti capita di percepire tutt’altre emozioni da quelle che avresti creduto. Sentii nel profondo, sconosciuto, me, uno strano, senso di libertà. Lampo’ una percezione nuova di quell’avventura “obbligata”, sentii non la fine e la paura, ma una vogliosa speranza. Sorrisi donandomi a quel potere adrenalinico che superava la tutela stessa della mia integrità fisica, i pensieri furono scacciati. Le vibrazioni terminarono, le lacrime evaporarono, attesi una ventina di minuti, mi slegai avvicinandomi all’oblò. L’azzurro copriva la terra, il sole irradiava perenne il mare, vedevo le Americhe, l’Europa, l’Africa, rimpicciolirsi velocemente. Fantastiche, ultime, immagini di quel mondo che lasciavo. Terribile la nausea, chissà se dovuta al volo o alla paura? Mi stavo infilando in quell’abisso nero chiamato universo, destinazione un pianeta ignoto. Guardai l’orologio, lo tolsi, a cosa sarebbe servito? Indipendentemente dal mio volere ero stato catapultato verso il futuro, unico contatto con il “prima”, le voci degli scienziati che mi calcolavano come una cavia da esperimento. Preso da un nodo allo stomaco chiamato nostalgia, provai a sperare, a chiedere loro se la mia famiglia fosse presente, la risposta fu la rarefazione dell’aria nell’abitacolo, usavano metodi spiccioli per convincermi delle loro ragioni. Quell’accordo, d’altronde, lo avevo accettato e firmato, scambio obbligato tra una condanna a morte e una speranza di vita: partire o patibolo! A bordo non ho divertimenti o cose da fare, certamente non mi manca il tempo. Sento, in quel “me” riflessivo, uno spazio di eternità triste, ovvio che “la lingua va la dove il dente duole”. Mi ritornano le immagini di quel funesto giorno, in quell’attimo fatale che di nero aveva colorato la mia esistenza: e se non fosse successo? Maledetto il mio esistere! Il pensiero, acerrimo nemico della tranquillità, mi portò dove la ragione non voleva proprio andare, dov’era in quel momento il mio amore? Di quella donna ancora sentivo il sapore. I miei figli, che ne sarà? Si ricorderanno o per loro già non esisto più? Ma tu Dio … esisti? Io li amo, cosa c’entri tu con la crudeltà? E se non hai nulla a che fare con essa, perché rimani in silenzio e permetti questa nefandezza? La mia vita può avere lo stesso valore di una cavia di laboratorio, ma loro, i miei amori, perché devono soffrire?

In quel rimescolio interiore si accavallavano domande su quella nuova e forse più infida, condanna al nulla perpetuo. Le procedure manuali erano terminate, spinse l’ultimo pulsante, che in automatico, avrebbe guidato quella nave dei cieli verso quell’ignoto pianeta dal curioso nome di Epsilon Tauri. Si coricò consapevole che Morpheo lo avrebbe accompagnato per molti anni o forse per sempre. Girandosi verso l’oblò diede l’ultimo addio a quella piccola sfera azzurra che sarebbe rimasta impressa, fissata, stampata negli spazi più dolorosi della sua anima.

Mai più di sole mi sarei svegliato e di carezze coccolato. La luce solare si spense, nel successivo dormire, m’accorsi d’esser sveglio ma ad occhi chiusi.

L’angoscia gli serrò la bocca dello stomaco, la paura gli impose di pregare: lo fece, certo che lo fece! Usando il cuore e la massima potenza di ogni cellula o microorganismo presenti nel suo corpo. Era sempre giorno in quel sonno senza fine, finché delle immagini, non chiare, presero forma:

era a casa con sua moglie Eva, quel giorno stava partendo, per un viaggio desiderato, voluto. Tutto era pronto, gli bastò girare la chiave del camper e andare. Ma la sua fortuna si dimenticò di salire a bordo e la sua sfortuna, al contrario, gli si posizionò sulle gambe. Quel drammatico viaggio era cominciato. Nel primo pomeriggio s’immisero nell’autostrada, il mare parallelo li accompagnò fino a sera. Era consapevole d’essere nell’androne dei ricordi, ma tutto si svolgeva in un reale tangibile. La vide e scaltro, non rinunciò a quell’attimo di gioia infinita, senza esitazione la toccò! Stravolse per averla l’originario andamento di quello che era stata quella storia, iniziò una battaglia contro i ricordi che esigevano verità, ma la forza della sua disperazione, di quell’ultima volta, vinse sulla verità. Si fermò in un’area di sosta e la baciò, questo non era successo ma la sua mente aveva legato stretta la realtà dei fatti. Girovagava nel suo drammatico passato e s’aggrappava ad ogni pezzetto d’amore residuo che gli si concretizzava nei ricordi. Tenendola stretta la portò sul letto di coda, lei era bella, radiosa, solare e con l’amore intriso nel sorriso accattivante della sua disponibilità, le carezzò il viso, tolse via le stoffe senza urtare nemmeno un bottone. Per quella sua fata avrebbe perfino ucciso, mise le mani sui suoi seni, si perse in quel candore morbido, l’assaporò con la bocca fino a provocarne il turgido stato. Da quel dominio d’estasi, la mente, rotte le catene, lo riportò a ciò che realmente quel giorno era accaduto. Una guerra potente si stava combattendo e vinse e perse, poi vinse e perse di nuovo. In quell’attimo rivide quella strada doppia a scorrimento veloce. La notte aveva diradato le vetture, più s’infittiva e meno auto s’incontravano. Guidava tranquillo, finché alla sua sinistra s’accostò un auto di teppisti mal vestiti  che urlavano parole da porci.

Dal finestrino con parlare da macelleria gli fecero cenno di fermarsi, strillavano e gesticolavano, accelerò, poi vide comparire dal finestrino un revolver. Il terrore d’istinto lo prese, la sua Eva urlava e i ragazzi piangevano. Fu decisione immediata, in un frangente di secondo, non esitò, per evitare una possibile violenza, sterzò bruscamente, urtò l’auto nel centro, tra lo sportello anteriore e quello posteriore. Un colpo partì, seguì un urlo, si girò, sua moglie aveva una mano sulla spalla e sanguinava. L’auto si ribaltò, girò come impazzita su se stessa, strusciò sull’asfalto, fermandosi sul lato erboso della strada. Lui rallentò, fece per chiamare la polizia, ma a carponi, dall’auto capovolta, uscì un individuo che, a pistola spianata, iniziò a sparare. Il vetro sotto la pioggia di proiettili si frantumò, sua moglie e i suoi figli s’erano miracolosamente appiattiti sul pavimento. Paura, pericolo! Non ebbe il tempo e non volle pensare, c’era la sua famiglia in pericolo, puntò col mezzo verso l’auto girata, travolse lo sparatore, sotto le ruote si sentì un grido ed un trambusto di ruote, accelerò! L’impatto fu violentissimo, poi il fuoco, gli occupanti feriti, morirono urlando bruciati. Prese con forza e rabbia per le braccia i suoi figli e trascinò sua moglie lontano dal camper ormai in fiamme. Convinto d’essersi difeso chiamò la polizia. Arrivarono in men che non si dica, non passò nemmeno un minuto, sembrava che già sapessero. Arrivarono agguerriti, scesero e lo circondarono, non capiva! Era lui l’aggredito e aveva anche chiamato le forze dell’ordine, cosa significava quel dispiegamento di polizia e quei fucili puntati su di lui e famiglia? Lo sbatterono per terra e procurandogli forte dolore lo ammanettarono … non capiva! Ma vedendo salvi i suoi ebbe, mentre lo portavano via, una smorfia di piacere. Era sua convinzione che, una volta interrogato, la cosa si sarebbe chiarita e lo avrebbero rilasciato immediatamente. Non fu così, anzi lo picchiarono di nuovo, gli chiesero una confessione, ma lui non capiva cosa volessero sapere. Lo tennero tre giorni in isolamento senza comunicargli l’accusa.

Aveva la percezione chiara di trovarsi in un sogno, sapeva che una volta finito lei si sarebbe dileguata nei meandri della sua immaginazione, non volle perderla, impose alla mente di nuovo, la sua volontà e la riportò su quel letto, nel camper. Era di nuovo con sua moglie nuda, incantato la contemplò, delicatamente l’accarezzò, il tatto era reale e l’amò, con il furore dell’ultima volta, con la voglia che solo un condannato alla dispersione cosmica può avere. Erano stranamente soli, i figli sembrava non ci fossero, e dopo aver goduto quell’amore, si ritrovarono tutti insieme abbracciati in un sol sentire. La sua folle e disperata volontà mischiò i ricordi al suo volere, quell’ultimo averla e stringersi ai suoi ragazzi fu l’addio a un amore profondo.

L’avvocato arrivò, la spiegazione fu breve, quelli uccisi erano poliziotti in borghese. Il sangue gli si ghiacciò, comprese in quell’istante la gravità dell’accaduto, già nello sguardo dell’avvocato comprese la sentenza. Quattro giovani ammazzati da un malinteso. Lottò com’era sua indole, urlò la sua verità, al processo aggredì ferendolo un poliziotto che lo beffeggiava. Dovettero tenerlo nella gabbia dei “pericolosi”. La sua posizione già assurda si aggravò, la giuria non credette nemmeno a una delle sue parole, raccontò delle male parole ricevute da quei poveretti. Non gli credettero! Fu condannato alla ghigliottina e trattato come un cane rabbioso. La sua fortuna, si fa per dire, fu che in quei giorni, uno scienziato presentò al mondo la sua scoperta sulla vita extraterrestre, secondo i suoi calcoli su quel pianeta c’era qualcosa di simile agli esseri viventi. Cercavano dei volontari qualificati e lui era un ingegnere spaziale conosciuto. Oltre quelle sbarre, quella teoria e la sua fama si intrecciarono. In un giorno d’inverno, in una cella d’inferno, un uomo sul punto di morte ricevette una proposta dettata dal diavolo e dall’ambizione umana. Non ebbe dubbi e meno ancora scelta, accettò per la vita. S’accorse che il sogno si stava dileguando, gli occhi ancora bagnati dal pianto… non capiva! S’era appena addormentato e già si stava svegliando? Gli ci vollero circa tre ore a riconnettersi alla realtà, si ritrovò a svolazzare all’interno di quell’ambiente. Si diresse, spingendosi a mezz’aria, verso l’oblò più vicino, fuori solo un nero immenso e puntini di stelle. Spaventato s’accorse che la sua capsula era collegata ad una struttura ben più grande. Da terra confermarono che il mezzo s’era agganciato in automatico a dei moduli che stazionavano in attesa orbitale intorno a Plutone. Erano passati due anni e aveva fatto un unico sogno. Seguì le istruzioni, aprì una busta con all’interno una chiavetta elettronica, la inserì nel computer di bordo, alcuni comandi si attivarono automaticamente, poi una voce metallica gli diede indicazioni su come aprire il portellone da cui era entrato alla partenza. Quella solitudine lo sconvolgeva, il silenzio era talmente forte che sapeva di tomba, girò le manovelle di apertura, un tonfo di depressione lo fece ritrarre, trovò un corto, stretto, corridoio da fare a carponi, poi un altro portellone, eseguì la stessa manovra. S’aprì, ed il suo viso schizzò di stupore, vide un’altrettanta impaurita donna, di carnagione ambrata, si guardarono e senza conoscersi s’abbracciarono, provarono a dialogare ma erano di lingue diverse, dal computer la voce metallica diede ad entrambi, nelle rispettive lingue, l’indicazione di aprire il portellone successivo e cosi via, pian piano un piccolo stuolo di “volontari delle galere di mezzo mondo” tutti qualificati, si ritrovarono nella zona centrale, in una specie di sala riunioni. Quel drappello di coloni da quell’esatto momento riacquistò la vita, ancora non si comprendevano ma una ventata di felicità già aleggiava in quello spazio a milioni di chilometri dalla terra.

Nel momento in cui mi sono accorto di non esser solo, non so cosa mi sia successo, potrei definirlo un incredibile piacevole spavento. Molte donne ed altri uomini, ognuno con la sua storia ed i suoi ricordi, ma da subito, uniti, stretti come fratelli. Passata l’emozione iniziale la fase successiva fu la valutazione della nostra situazione, eravamo forse persi, scaraventati lontano, dove nessuno era mai stato, ingoiati nel buio freddo dell’universo, ma con la forza della fratellanza cercammo di organizzarci. I giorni passarono, la speranza attecchì. Dal un “male infausto” che mi aveva condannato a morte ero in qualche modo rinato. Avevo dentro la mia Eva ed i miei figli, sicuramente erano loro la mia forza. Da subito il mio pensiero s’aggrappò al futuro, sarei andato su Epsilon Tauri e in qualche modo, non so come, sarei tornato. La vita non è mai fine, anche quando sei perso, c’è sempre la possibilità d’un nuovo inizio. La speranza non è un ciondolo portafortuna ma un motore che può ribaltare ogni destino.

Roberto Ioannilli – diritti riservati


BIOGRAFIA

Roberto Ioannilli  nasce a Formello nella provincia romana ma vive e lavora dal 1990 nelle Marche, nello splendido borgo di Montecosaro (MC). Narratore per vocazione e poeta per ispirazione, il suo scrivere spazia dal sociale, alla fantascienza, toccando l’eros, ma l’argomento  preferito è sempre  la donna,  nel loro essere femmine intelligenti, sensuale e centro di vita unico.  Nel suo scrivere c’è la famiglia, l’amore, i viaggi  e quel sentire al femminile che oramai è divenuto un suo  “pensare la vita”, da questa passione e da questa intensa vita sono nati i romanzi:

1)   SOPHIE – Rupe Mutevole Editore di Parma .

       La storia di una ragazza e dei suoi tre amori ed un lungo viaggio in camper sulle terre di Francia.

2)   FIGLIA DI UN PADRE MIGLIORE – Rupe Mutevole Editore di Parma -Scritto con Milena Petretta.

       La storia di una figlia che rincontra il padre dopo dieci anni e due amiche che sconfinano  in limiti forse leciti.

3)   VIBRUS – Rupe Mutevole Editore di Parma – Scritto con Silvia Denti, Maurizio Clicec, Piero Pavia e Viviana Ferrari. 

       Qui a priori c’è la storia di cinque amici ed un progetto di denuncia  dell’ eccesso di mancanza di libertà causato dall’invadenza  dei prodotti legati ad internet.  
       Il  romanzo nasce su una storia leggermente fantastica … un virus passa dai computer all’uomo ed è   strage . Solo un piccolo nucleo di  umani ed animali contro di loro.

       E le donne segnano la nascita del suo interesse per la poesia,  nel 2010 nasce:

4)   MUJER NATURALEZA  – Rupe Mutevole Editore di Parma – Scritto con Silvia Denti  e Rossella  Cea. –  

       Il profumo è donna come il desiderio,  le parole  si innalzano per descriverne la bellezza, l’idea è quella di “volare e  sentire”  natura  femmina  che si tramuta in poesia.

5)   SCRITTURADEISENSI – Narrativa & Poesia editore-  Una raccolta di poesie, d’attimi  di vita , amore e sofferenza …

6)   – pubblicazione premio  nelle antologie –SFUMATURE IN JAZZ  – POESIA SOTTO LE STELLE  – Narrativa e poesia

7)   – Pubblicazione premio nell’ antologia  –SOGNANDO L’INFINITO – Rupe Mutevole Editore di Parma

8)   – premiato con la targa di merito e pubblicazione nell’antologia – MILLE POESIE PER ALDA – Ursini Edizioni


Sophie – Il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Le paure e gli incanti. Una giovane donna, Sophie, che affronterà un viaggio alla scoperta dell’Europa e delle radici della sua famiglia. Un lungo viaggio, che inizia nelle rassicuranti e familiari valli del Chienti e si dipanerà lungo luoghi più o meno noti, ma sempre forieri di lezioni di vita. Un viaggio diverso dagli altri, perché sarà in camper, che regala la strabiliante sensazione di essere a casa in qualunque parte del mondo ci si trovi. Un’amicizia vera, regalata dal caso, un’altra che invece va in frantumi, portando via con sé l’ingenuità degli occhi di bambina. Tre uomini incroceranno la strada di Sophie: Francesco, Greg e Piero. Chi di loro è il vero amore? Qual è il prezzo da pagare per diventare una donna serena e realizzata? Questi i bivi e le scelte che Marie dovrà compiere. Per poter finalmente far ritorno al suo amato fiume e vedervi riflessa l’immagine di una donna felice.


VIBRUS – Anno 2084. L’uso sfrenato della tecnologia ha già messo in ginocchio il pianeta Terra, mentre una tremenda catastrofe dovuta ad un improbabile virus, dà il colpo di grazia a quel poco di “naturale” che circondava la vita degli esseri umani. L’evoluzione tecnico-informatica ha ormai fatto passi da gigante, raggiungendo traguardi inimmaginabili. Del passar delle ore ci si accorge non più guardando l’orologio al polso: è sufficiente alzare gli occhi. Non certo per osservare il sole e vederne la posizione, ma per leggere l’ora proiettata come un ologramma in cielo. Non si può sfuggire al tempo che passa. Non ci sono scuse per dimenticanze e ritardi. Qualcuno ricorda ancora gli orologi, così come qualcuno racconta ancora favole che parlano di fogli di carta, di matite, penne ad inchiostro, biro, pennarelli. Qualcuno racconta ancora sottovoce dei tempi in cui “si scriveva, ci si parlava, ci si toccava”. Già, perché nel 2084 tutto questo è giudicato un’inutile e pericolosa perdita di energie. Un’incomprensibile perdita di tempo. Le persone più anziane ricordano che tutto iniziò, quasi un secolo prima, con la diffusione dei computer, e quando ai sempre più difficili rapporti umani iniziavano a preferirsi le più apparentemente facili conoscenze “virtuali”. E a visi meravigliati ogni tanto raccontano – senza farsi sentire da estranei – di quel tempo, quando tutto era “diverso”. Perché, in quell’oggi, quello del 2084, per comunicare non c’è bisogno di parlare.Così come non c’è bisogno di toccarsi, per tremare d’amore. La situazione precipita inesorabilmente quando dallo spazio viene captato un misterioso segnale che subito risulta pericoloso, letale. E l’allarme coinvolge tutto il pianeta Terra. Perché quel segnale, proveniente da chissà dove, è in realtà un vero e proprio “segnale-virus”, il più subdolo e mortale dei virus mai isolati e conosciuti fino ad allora dalla comunità scientifica mondiale. Un virus che attacca i computer – anche quelli iper sicuri di ultimissima generazione – ma che poi è in grado di contaminare l’essere umano propagandandosi e moltiplicando la propria pericolosità mortale attraverso il suono. Qualunque suono. Attraverso l’orecchio, infatti, il suono/virus invade e colpisce il corpo umano, distruggendo quelle preziose microprotesi vitali impiantate fin dalla nascita alla maggioranza degli esseri umani, perché fossero inattaccabili alle malattie, sempre più perfetti e vicini all’immortalità. Per l’arrivo di questo male sulla Terra viene presto imposto l’assoluto divieto di parlare. Vietata ogni forma di comunicazione verbale ed emozionale: perché tradire un’emozione con la parola, con un verso, con un mugolio, con un qualunque impercettibile suono, può significare non solo uccidere, ma anche impazzire e morire nel peggiore dei modi fra atroci sofferenze. Vietato parlare, dunque, così com’è vietato cantare e suonare. La salvezza non arriva nemmeno dal bracciale già in uso da molti anni che registra e invia bioinformazioni, emozioni, pulsioni, anzi, anch’esso infatti ha intrinseco nel funzionamento il virus. Così si deve abbandonare il prezioso e costoso marchingegno elettronico che suppliva al forzato silenzio della parola e trasformava in impulsi emozionali i pensieri e le sensazioni, che venivano dunque captati e “tradotti” silenziosamente in altrettanti impulsi emozionali alla persona alla quale si volevano inviare. Grazie a quel bracciale, prima del contagio, non c’era dunque più bisogno di parlare, di sfiorare la pelle, di toccare una mano, di baciare. Di rischiare la propria e l’altrui vita. D’altronde le sensazioni ricevute dal corpo erano assolutamente identiche, perfette. E sane, pulite.Così dal non “poter” parlare, si passa presto al non “saper” più parlare. C’è ormai sulla Terra l’abitudine ad essere supportati anche nel linguaggio dalle macchine. Quando anche gli animali vengono contagiati divenendo anch’essi veicolo di trasmissione del male, appare chiaro che l’unica via d’uscita è partire, lasciare la Terra per andare a vivere nei pianeti vicini che risultavano indenni al virus. Pagina dopo pagina, ViBrus ci descrive un mondo inquietante, raccontandoci un pianeta Terra apocalittico, angosciante, opprimente. La via d’uscita, il raggio di sole, la speranza, la propone chi, come un moderno guerrigliero, intende ribellarsi a quella vita tutta “virtuale”, rivendicando il rischio di ritornare proprio al valore della vita “reale”. Come un messaggio portato dal mare in una bottiglia, Azzurra – attraverso un “plat de rue”, postazione computerizzata stradale pubblica – scrive all’amico Gabbiano un brevissimo appello: senza troppe spiegazioni lo invita a raggiungere un posto lontano, isolato, nascosto, quasi irraggiungibile, racchiuso e protetto fra i monti e le valli dell’Appennino tosco-emiliano. La salvezza per chi vuole rimanere, per chi intende “resistere”, è fra le millenarie mura di un piccolo borgo dimenticato. Un luogo perfetto per tornare al passato: quello fatto di sensi, del sentire con le orecchie, del parlare con la bocca, del toccarsi con le dita. Un luogo perfetto per tornare indietro, per ricominciare da zero. Un luogo dove si potrà recuperare e insegnare di nuovo il rivoluzionario valore della parola, della comunicazione “reale”. Il valore del comprendersi, del capirsi. Del parlare e dell’ascoltare. ViBrus è solo inquietante visione di quello che potrebbe accadere, o è anche una velata metafora del momento che oggi viviamo? Certo, ViBrus e il suo mondo non appaiono poi così tanto difficili da interpretare. Perché queste pagine sembrano dirci che oggi – così come certamente sarà nel 2084 – il banale segreto di ogni pace, in fondo, è proprio “ascoltare” e “parlare”. Non stancandosi mai né di parlare, né di ascoltare. DARIO CELLI


FIGLIA DI UN PADRE MIGLIORE – Ho baciato il mio Professore di Matematica! …è un po’ che non ti scrivo, ho recuperato il debito scolastico in matematica, tutto merito di Luca, no, non è un mio compagno di classe, è il prof. che mi aiuta a studiare di pomeriggio, devo dire che la matematica è tecnicamente affascinante. Lui ha trent’anni, si è laureato da poco, ha un modo di spiegare la lezione che sembra trascinare con sé l’attenzione, colloca gli esercizi in una nuova dimensione, lascia che ogni singolo argomento di matematica entri a far parte della logica, è una sua tecnica tutta particolare. Qualche settimana fa, nei cinque minuti di break, siamo usciti a fumare una sigaretta, lui ha dato fuoco a una e me l’ha passata, i suoi occhi mi guardavano fissi, quasi mi costringevano con le spalle al muro, ero imbarazzata nell’accettare, ma ho fatto di tutto per nasconderlo, per spavalderia parlavo d’altro, della festa del sabato precedente, cambiavo discorso, lui sembrava non interessato. Mi ha tolto la sigaretta dalle dita, l’ha gettata a terra, l’ha spenta con la punta della scarpa, come per spegnere i miei discorsi logorroici e in un attimo ha investito tutto ciò che ero in quel momento, ho sentito le sue labbra bagnate, l’irruenza con cui mi stringeva era irrefrenabile e travolgente, quasi non riuscivo a respirare, mi ha creato agitazione, ma il mio corpo tra le sue braccia era a suo agio. Poi si è ritratto, mi ha guardata, mi ha sussurrato che sono bella. Non avrà notato il mio arrossire, abbiamo cercato di studiare ancora … impossibile! Leggere di quel bacio lo aveva sconvolto, amareggiato, pensare ad un professore che approfitti di tua figlia non è certo il massimo, solo che quel senso d’amaro faceva fatica a passargli, in fondo, pensò, si trattava solo di un bacio, prese la cosa in maniera abbastanza tranquilla, poi pensò che il baciatore istruito, aveva trent’anni, non erano pochi vista l’età di lei, ma seppur lei fosse ancora minorenne, riuscì a dare un senso di normalità a quella situazione. Pensò ancora, ad una sua avventura sentimentale, avuta prima del matrimonio, con una ragazzina dell’età di sua figlia, niente di che, non era successo nulla, ma lui se n’era innamorato. Tra quei pensieri e teneri ricordi, gli balenò un dubbio, ma … non sarà che … tutte quelle mail?! Per un attimo pensando alla durezza di certe cose che aveva letto, pensò a quale fosse lo scopo di sua figlia? Forse vendicarsi? La sua testa prese quella direzione senza il suo consenso, ma se così fosse stato, lei lo avrebbe fatto solo per odio verso di lui. Deglutì come per ingoiare un boccone amaro, pensò che se sua figlia avesse saputo la verità, forse adesso sarebbe stato tutto diverso. Sì! Forse sarebbe stata un’altra cosa, ma a quale prezzo? Pensando a lei gli venne in mente un viso di ragazza, forse Sara era così? O come adesso? Cosa le era successo? Perché gli aveva mandato quelle e-mail? Gli mancava, fortemente gli mancava!


SCRITTURADEISENSI- L’attimo che entusiasma, incontro tra pensiero ed essere, emozioni di pelle che trasudano d’esterno, contagiano! E’ il mio modo di copiare su carta ciò che i sensi regalano al sentire. “SCRITTURADEISENSI “non è uno sforzo della mente finalizzato allo scrivere, ma vita, gioia, amicizia, amore profondo, estasi del corpo, odore dei respiri, eros d’anima. Poi c’è la notte e l’equilibrio che natura detta può portare sofferenza – nella poesia SULLA CROCE c’è l’uomo Dio, nell’attimo del suo soffrire, trucida l’immagine, ma perfettamente umana. Come satelliti il dolore porta menzogna, rabbia, inimicizia, falsità e altre nefandezze. Sono questi gli attimi in cui la pelle stride contro l’esistere, scuotendo intelligenza e valori. Momenti terribili in cui la sensibilità si educa, affinando dolori in tagli sanguinanti più del dovuto, dove ricordi malinconici vorrebbero incrinare la speranza. SCRITTURADEISENSI è la mia voglia di far percepire “l’oltre” dei sensi. D’inchiostro mi sono immerso nel vedere al “ femminile donna” e con esso ho navigato fin dove la comprensione, nel cercare l’attimo, s’è avvicinata alla pazzia.


Roberto – Sempre pronto a carpire scintille fluttuanti di emozioni, Roberto, lo scrittore ‘de los sentidos’ si riflette nell’immagine cosmica e positiva della natura, regalandoci il senso profondo della gioia dell’esistenza. ROSSELLA CEA


Antologia in cui Roberto Ioannilli è presente con dei racconti


Antologia in cui Roberto Ioannilli è presente con delle poesie


Antologia in cui Roberto Ioannilli è presente con la poesia ” Il rispetto che ti devo “


Roberto premiato

Dalla bellezza nasce la bontà, dalla bontà nasce l’amore, dalla poesia nasce Alda Merini, da Alda Merini nasce un premio per divulgare la bellezza, ecco quindi ”Mille voci per Alda”, antologia del premio Alda Merini di poesia, promossa dall’Accademia dei Bronzi, Associazione Culturale di Lettere e Arti di Catanzaro, in collaborazione con le Edizioni Ursini. 
Siamo lieti di comunicare che una poesia dello scrittore montecosarese Roberto Ioannilli, è stata scelta ed inclusa in questa antologia e che la stessa parteciperà alla selezione per la segnalazione di merito e relativa targa ufficiale.

(Da Montecorriere)

Merito e targa ufficiale ricevuti ad aprile 2013! 
A Roberto tanti complimenti da parte di tutto lo staff e gli amici.

Di seguito la poesia inserita nell’ antologia “Mille voci per Alda”

IL RISPETTO CHE TI DEVO

Se io fossi uno sciocco t’ascolterei,
se fossi te … mi donerei,
perdutamente mi donerei,
lo farei per viverti
per me stessa, per aver osato.
Ma io sono me!
Un usignolo che canta alle stelle,
che sogna grandi ali ed artigli d’aquila.
Un lupo coi denti aguzzi che uccide saporose prede
per la propria compagna.
E’ in lei il mio pensare,
il mio me, è solo dopo!
A costo di morir di fame!
Sono un uomo che vede nel dare, l’amare,
Nella rinuncia, … un dovere.
Valori detti di ieri,
ma non lo sono mai stati!
Esiste un mondo fatto di sole
e di costante guerra,
sopra un uomo e una donna …
di fronte il mare, dietro il dolore,dentro …
l’unirsi è preghiera!
Giurarsi è futuro!
Crederci è dovere!
Lottare per lei è doppia vita!
Lottare per lui è vita!
chiedere l’errore a lei
è lo sbaglio di lui.
Far sorridere lei
è l’immenso del ricevere.
Uomo lo sei
Solo se donna
Sorride.

                                                                     Roberto Ioannilli – diritti riservati – settembre 2012


L’ attimo che entusiasma, incontro tra pensiero ed essere, emozioni di pelle che trasudano d’ esterno, contagiano!

E’ il mio modo di copiare su carta ciò che i sensi regalano al sentire.

SCRITTURADEISENSI “non è uno sforzo della mente finalizzato allo scrivere, ma vita, gioia, amicizia, amore profondo, estasi del corpo, odore dei respiri, eros d’anima.

Poi c’è la notte e l’equilibrio che natura detta può portare sofferenza – nella poesia SULLA CROCE c’è l’uomo Dio, nell’attimo del suo soffrire, trucida l’ immagine, ma perfettamente umana. Come satelliti il dolore porta menzogna, rabbia, inimicizia, falsità e altre nefandezze.

Sono questi gli attimi in cui la pelle stride contro l’esistere, scuotendo intelligenza e valori.

Momenti terribili in cui la sensibilità si educa, affinando dolori in tagli sanguinanti più del dovuto, dove ricordi malinconici vorrebbero incrinare la speranza.

SCRITTURADEISENSI è la mia voglia di far percepire
” l’oltre ” dei sensi.

D’inchiostro mi sono immerso nel vedere al ” femminile donna ” e con esso ho navigato fin dove la comprensione, nel cercare l’ attimo, s’è avvicinata alla pazzia.

Roberto Ioannilli      Da ” http://blog.libero.it/recensire/view.php”


E’ in uscita il bel libro ScritturadeiSensi di Roberto Ioannilli.


Ho scritto con molto piacere la prefazione che vi propongo di seguito e consiglio a tutti di leggerlo! Amore, la rinascita che si fa verità “Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio; se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato” ha scritto William Shakespeare. Ed è con questa consapevolezza che Roberto Ioannilli, nei suoi versi, canta l’amore del vivere e del gioioso donarsi.

Una ricerca che, come spiega lo stesso autore, è condizionata da un personale alfabeto morale, quasi un prologo al suo poetare che non dispensa però metafisiche, regole o diktat morali, ma piuttosto regala suggestive perle di saggezza: “il giorno è una notte che spera/… di sole”, mentre la notte è: “stessa vita dipinta di nero,/diversa illusione”. Una complementarietà dell’essere e dell’Universo che unisce ed armonicamente convive.

L’amore è dunque il passo che accompagna il giorno, il pensiero che culla la notte, la scoperta che non inganna ed il tempo che non ha fine: “Voglio svegliare l’amore,/di lui al centro di lei,/giorni infiniti a guardarsi”.

L’amore è linfa vitale di cui nutrirsi e nutrire, il vero imperativo categorico che riempie l’esistenza; è un darsi, un concedersi senza se e senza ma, con l’unico scopo di ritrovarsi uniti nello stesso destino: “Nei tuoi occhi/inseguo sentieri dell’immaginazione, /ed infinitesimali fiocchi di tempo,/ trasportano il tuo te,/nel mio io.”

Eco di vita che risuona di sempre, l’amore diventa per Ioannilli certezza, dono che non va sprecato, deluso, offeso. E’ “speranza che t’immerga/per sempre nel mio unico mare.”

Con questa suggestione, l’uomo ed il poeta allontana da sé e dal suo vissuto le distanze, le arrese, i possibili vuoti. E’ un sentire pieno del cuore che pulsa e riempie le ore: “non fuggire dai miei sorrisi,/imbrattali di sapori di corpo,/ed esulta all’amore e gioisci/d’immenso nell’immenso vivere.”

E solo chi ha scelto di amare e di lasciarsi amare così profondamente può vivere, sentire e cantare il dolore, l’amicizia, le miserie umane e l’eros come volti diversi dello stesso fine universale. Ioannilli, in fondo, ci racconta e celebra una rinascita, così intensa da farsi verità: “non permettete/che la tristezza e la menzogna/o il nulla ,si impossessino di nuovo di me,/perché la vita è un regalo che io voglio festeggiare.”

Elena Variale          L’AUTORE

Roberto Ioannilli nasce a Formello nella provincia romana ma vive e lavora dal 1990 nelle Marche, nello splendido borgo di Montecosaro (MC).

Dalle lezioni di figura nelle aule del liceo artistico, ai ritratti per le strade di Rimini, il filo conduttore è sempre la Donna … dentro e fuori … un chiodo fisso che diventa studio.

A 18 anni inizia a scrivere per dei giornali locali.

Inconsapevolmente artista e preso da mille passioni … sposta il suo interesse/fare, nella ristrutturazione artistica edile e sui mobili in muratura … la manualità è l’asso vincente … le richieste diventano lavoro … ma la vita ha i suoi ritmi e l’essere artista viene sostituito da un sogno più grande, quello di essere marito di una donna speciale e papà a tempo pieno … Convinto da sempre, con certezza assoluta, che i sogni siano delle realtà da cercare … ne va alla ricerca … e come sempre la fortuna paga e alla soglia dei cinquant’anni quei sogni mai sopiti vengono ad accodarsi a quelli realizzati.

Narratore per vocazione e poeta per ispirazione, ritorna a scrivere. L’argomento del suo interesse sono sempre le donne “la sua donna”, nel loro essere femmine intelligenti, sensuali e centro di vita unico.

Al centro del suo scrivere c’è la famiglia, l’amore, i viaggi e quel sentire al femminile che oramai è divenuto un suo modo di vita, da questa passione e da questa intensa vita sono nati i romanzi:  

IN CAMPER CON MARIE, Rupe Mutevole, Parma, 2008

FIGLIA DI UN PADRE MIGLIORE, scritto con Milena Petretta Rupe Mutevole, 2009

MUJER NATURALEZA, scritto con Silvia Denti e Rossella Cea Rupe Mutevole, Parma, 2009

VIBRUS, scritto con Silvia Denti, Maurizio Clicec, Piero Porta e Viviana Ferrari Rupe Mutevole, Parma, 2011

SCRITTURADEISENSI, Narrativa e Poesia, 2012

Nel 2012 è stato inoltre inserito con 4 racconti brevi nelle antologie – SFUMATURE IN JAZZ e POESIA SOTTO LE STELLE 2 – di Tiziana Mignosa e Maria Grazia Vai – Edite da Narrativa e Poesia.


Il nuovo romanzo di Roberto Ioannilli & C

“Abbiamo  scritto in gruppo il nuovo romanzo e le esperienze di ognuno hanno portato alla “nascita” di qualcosa di avvincente… di spettacolare… dove la realtà fa un passo in avanti, generando ” UN IMPOSSIBILE PENSARE”… 

(Roberto Ioannilli)

INTRODUZIONE ALLA LETTURA


Anno 2084.
L’uso sfrenato della tecnologia ha già messo in ginocchio il pianeta Terra, mentre una tremenda catastrofe dovuta ad un improbabile virus, dà il colpo di grazia a quel poco di “naturale” che circondava la vita degli esseri umani.     L’evoluzione tecnico-informatica ha ormai fatto passi da gigante, raggiungendo traguardi inimmaginabili. Del passar delle ore ci si accorge non più guardando l’orologio al polso: è sufficiente alzare gli occhi. Non certo per osservare il sole e vederne la posizione, ma per leggere l’ora proiettata come un ologramma in cielo. Non si può sfuggire al tempo che passa. Non ci sono scuse per dimenticanze e ritardi.   Qualcuno ricorda ancora gli orologi, così come qualcuno racconta ancora favole che parlano di fogli di carta, di matite, penne ad inchiostro, biro, pennarelli.
             Qualcuno racconta ancora sottovoce dei tempi in cui “si scriveva, ci si parlava, ci si toccava”. Già, perché nel 2084 tutto questo è giudicato un’inutile e pericolosa perdita di energie. Un’incomprensibile perdita di tempo.  Le persone più anziane ricordano che tutto iniziò, quasi un secolo prima, con la diffusione dei computer, e quando ai sempre più difficili rapporti umani iniziavano a preferirsi le più apparentemente facili conoscenze “virtuali”. E a visi meravigliati ogni tanto raccontano – senza farsi sentire da estranei – di quel tempo, quando tutto era “diverso”. Perché, in quell’oggi, quello del 2084, per comunicare non c’è bisogno di parlare.   Così come non c’è bisogno di toccarsi, per tremare d’amore.
                La situazione precipita inesorabilmente quando dallo spazio viene captato un misterioso segnale che subito risulta pericoloso, letale. E l’allarme coinvolge tutto il pianeta Terra.   Perché quel segnale, proveniente da chissà dove, è in realtà un vero e proprio “segnale-virus”, il più subdolo e mortale dei virus mai isolati e conosciuti fino ad allora dalla comunità scientifica mondiale. Un virus che attacca i computer – anche quelli iper sicuri di ultimissima generazione – ma che poi è in grado di contaminare l’essere umano propagandandosi e moltiplicando la propria pericolosità mortale attraverso il suono. Qualunque suono.
                 Attraverso l’orecchio, infatti, il suono/virus invade e colpisce il corpo umano, distruggendo quelle preziose microprotesi vitali impiantate fin dalla nascita alla maggioranza degli esseri umani, perché fossero inattaccabili alle malattie, sempre più perfetti e vicini all’immortalità. Per l’arrivo di questo male sulla Terra viene presto imposto l’assoluto divieto di parlare. Vietata ogni forma di comunicazione verbale ed emozionale: perché tradire un’emozione con la parola, con un verso, con un mugolio, con un qualunque impercettibile suono, può significare non solo uccidere, ma anche impazzire e morire nel peggiore dei modi fra atroci sofferenze. Vietato parlare, dunque, così com’è vietato cantare e suonare. La salvezza non arriva nemmeno dal bracciale già in uso da molti anni che registra e invia bioinformazioni, emozioni, pulsioni, anzi, anch’esso infatti ha intrinseco nel funzionamento il virus. Così si deve abbandonare il prezioso e costoso marchingegno elettronico che suppliva al forzato silenzio della parola e trasformava in impulsi emozionali i pensieri e le sensazioni, che venivano dunque captati e “tradotti” silenziosamente in altrettanti impulsi emozionali alla persona alla quale si volevano inviare.
   Grazie a quel bracciale, prima del contagio, non c’era dunque più bisogno di parlare, di sfiorare la pelle, di toccare una mano, di baciare. Di rischiare la propria e l’altrui vita. D’altronde le sensazioni ricevute dal corpo erano assolutamente identiche, perfette. E sane, pulite. Così dal non “poter” parlare, si passa presto al non “saper” più parlare. C’è ormai sulla Terra l’abitudine ad essere supportati anche nel linguaggio dalle macchine. Quando anche gli animali vengono contagiati divenendo anch’essi veicolo di trasmissione del male, appare chiaro che l’unica via d’uscita è partire, lasciare la Terra per andare a vivere nei pianeti vicini che risultavano indenni al virus.
                Pagina dopo pagina, ViBrus ci descrive un mondo inquietante, raccontandoci un pianeta Terra apocalittico, angosciante, opprimente.
                La via d’uscita, il raggio di sole, la speranza, la propone chi, come un moderno guerrigliero, intende ribellarsi a quella vita tutta “virtuale”, rivendicando il rischio di ritornare proprio al valore della vita “reale”. Come un messaggio portato dal mare in una bottiglia, Azzurra – attraverso un “plat de rue”, postazione computerizzata stradale pubblica – scrive all’amico Gabbiano un brevissimo appello: senza troppe spiegazioni lo invita a raggiungere un posto lontano, isolato, nascosto, quasi irraggiungibile, racchiuso e protetto fra i monti e le valli dell’Appennino tosco-emiliano. La salvezza per chi vuole rimanere, per chi intende “resistere”, è fra le millenarie mura di un piccolo borgo dimenticato. Un luogo perfetto per tornare al passato: quello fatto di sensi, del sentire con le orecchie, del parlare con la bocca, del toccarsi con le dita.   Un luogo perfetto per tornare indietro, per ricominciare da zero. Un luogo dove si potrà recuperare e insegnare di nuovo il rivoluzionario valore della parola, della comunicazione “reale”. Il valore del comprendersi, del capirsi. Del parlare e dell’ascoltare.
                ViBrus è solo inquietante visione di quello che potrebbe accadere, o è anche una velata metafora del momento che oggi viviamo? Certo, ViBrus e il suo mondo non appaiono poi così tanto difficili da interpretare. Perché queste pagine sembrano dirci che oggi – così come certamente sarà nel 2084 – il banale segreto di ogni pace, in fondo, è proprio “ascoltare” e “parlare”. Non stancandosi mai né di parlare, né di ascoltare. Dario Celli

da http://www.vibrus.altervista.org/  
Due nuovi libri
del nostro socio Roberto Ioannilli
Il mese di Ottobre è stato un mese prolifico per il nostro amico e socio Roberto Ioannilli. Di seguito, a poca distanza l’uno dall’altro sono usciti, prima una raccolta di poesie “Mujer naturaleza” di Roberto Ioannilli, Silvia Denti e Rossella Cea, dove la natura femmina, domina sulla vita e sulle emozioni delle persone e poi il romanzo che attendevamo da tempo“Figlia di un padre migliore” di Roberto Ioannilli e Milena Petretta – è la storia di un padre di Civitanova Marche, che a causa della separazione dalla moglie perde i contatti con la propria figlia per dieci anni… poi per un incredibile scherzo di internet …. Curiosi? Speriamo di si! Per acquistarlo o per informazioni scrivete una mail a rioanni@tin.it
o andate sul sito http://www.musicabruno.altervista.org/

Si è svolta l’ 11 maggio, al teatro comunale di Montecosaro (MC), la

cerimonia di presentazione del libro  

“In camper con Marie”

Scritto da Roberto Ioannilli, (rioanni@tin.it), camperista, nostro socio ma soprattutto amico, innamorato della sua famiglia, dei viaggi…in camper e dello scrivere.Oltre ai familiari e parenti, erano presenti l’editore dr. Enrico Folci, il Sindacodi Montecosaro Stefano Cardinali, il vicesindaco Maurizio Capezzani,il consigliere Stefania Marignani con altri componenti dell’amministrazione comunale, il compositore prof. Fulvio Rusticucci e tanti amici, camperisti e non.Roberto ha raccontato come ha iniziato a scrivere. “A vent’anni, un amico mi chiese di fare un articolo sul tennis, lo scrissi… e lui mi disse – Non smettere di scrivere, sarebbe un peccato!-Molti anni dopo alcuni miei amici camperisti mi chiesero di organizzare un giornalino, lo feci, si chiama “… Si parte!”. Il loro incoraggiamento mi ha portato a scrivere questo romanzo ambientato tra fantasia e i ricordi dei miei viaggi”. Da qui il suo incontro con l’editore che legge le bozze, decide di pubblicare il libro e addirittura di realizzarne un film in dvd. Il casting per la selezione degli attori per questo lavoro, ha spiegato  il dr. Enrico Folci,  si è svolto dall’8 al 15 giugno a Montecosaro e il Comune ha messo a disposizione tutte le strutture necessarie  per effettuare il casting.Il Sindaco, il vicesindaco e tutta l’amministrazione comunale, onorati di avere un cittadino così speciale ed entusiasti per questo evento hanno ringraziato Roberto anche perché, suo tramite, il nome di Montecosaro girerà in Italia e in Europa (il libro verrà tradotto anche in francese). Difficile descrivere quanta emozione si percepiva nell’aria… lui è ancora incredulo per il successo ottenuto e ci ha detto  “Mi sembra tutto finto” … Intanto sta già scrivendo un altro romanzo. In bocca al lupo!Che possa avere tutto il successo, la fortuna e la gioia che merita! Bravo Roberto  e soprattutto grazie! … per la tua collaborazione, per la tua amicizia, perchè … ci sei…E grazie anche all’  editore e a tutta l’amministrazione comunale.               Gabriele, Maria e tutto lo staff
        Camping Club Civitanova Marche

Per maggiori informazioni si può contattare l’autore: 
rioanni@tin.it

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